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Il termine “permacoltura” (con la O) sta per un modo di trattare la terra diverso da quello proposto dall’agricoltura occidentale la quale tradizionalmente funziona alla seguente maniera:
- chiede soldi (o la terra stessa) alle banche, allo Stato o ai parenti;
- costruisce un capannone/magazzino,
- poi compra il trattore,
- riempie un terreno di una determinata coltura,
- sparge pesticidi e fertilizzanti (chimici o bio),
- infine raccoglie e vende tutto.
Se c’è una rosa, quando c’è, si mette all’ingresso.
Grano (per il pane) e paglia (per nutrire le mucche che daranno il latte), saranno lavorati presso stabilimenti a parte.
Da qui partiranno i camion che riforniranno i supermercati in città.
Anche l’orticoltura, la frutticoltura e la silvicoltura funzionano seguendo il medesimo schema: separazione e commercializzazione dei prodotti fino agli estremi confini del mondo. Ma…
In permacoltura il ciclo che coinvolge uomini, regno animale e regno vegetale, si chiude nello stesso luogo, senza bisogno di quintali di petrolio per gli spostamenti e le macchine da lavoro: il 50% o meno della terra viene ancora utilizzato a pascolo per il bestiame1, ma esso brucherà anche alberi foraggeri.
Alberi da frutta cresceranno in mezzo (di lato o vicini) a colture miste di graminacee, ortaggi, legumi. Arbusti e piccoli arbusti accompagnano i nostri passi. Il bosco, posto ai margini del sistema, trattiene dal terreno elementi preziosi che torneranno all'uomo mediante il legno, la frutta secca e il materiale da cippatura/pacciamatura.
La permacoltura mette dunque insieme:
- Colture tradizionali
- Pascoli
- Sistemi alberati fitti (boschi) e poco fitti (colture estensive)
…creando un sistema ecologicamente chiuso e completamente integrato. Essa simula per ogni nucleo abitativo il ciclo naturale di scambio, integrando una serie di processi che creano simbiosi e sostenibilità. Il risultato è una sfera domestica ‘edule’, che non tralascia la cura per il BELLO culturale e sociale.
Nella visione originaria, siepi, macchie spontanee, specchi d’acqua, alberi sparsi, ossia aree di frastagliata natura forniscono un ricovero ad organismi antagonisti, utili nella lotta alle normali affezioni delle piante, dispensando l’uomo dall’uso INTENSIVO di antiparassitari e insetticidi di sintesi. La difesa delle colture, in permacultura, si basa sostanzialmente sulla prevenzione, ragion per cui la scelta del materiale d’impianto non procede a caso ma ricade sulle specie e cultivar che risultano geneticamente:
- Più resistenti alle malattie
- Più produttive
Non si può fare permacultura se ci si disinteressa sistematicamente di queste due cose, adottando le prime piante o i primi semi che ci vende il vivaio!
Il principio della selezione (non manipolazione!) genetica si applica non solo al manto vegetale, ma anche al bestiame e agli animali da cortile.
Tratto distintivo della permacultura (e quindi di una permacoltura) è “La Cura”.
Diversamente dalle aziende agricole moderne, che non hanno vero interesse per il riciclo in loco dei loro scarti e lo sfruttamento massimo delle energie libere localmente disponibili (sole, vento, pioggia, animali, uomini e talenti), in una struttura permaculturale lo spreco è nullo o quasi nullo.
Tuttavia l’esistenza stessa dell’uomo è uno “spreco”, nel senso che egli restituisce alla terra ciò che dalla terra assimila solo dopo averne trattenuto per sé una parte considerevole. Questo vale per tutti gli esseri viventi in generale, ma l’uomo fra di essi è la specie più “esigente”, cioè quella che richiede risorse più abbondanti e rifinite per prosperare ottimamente.
Pertanto, il RIFORNIMENTO ESTERNO DI ENERGIA ai giovani centri da parte dei più antichi e ricchi “Centri Ecologici di Raccolta Energia e Lavoro” (C.E.R.E.L.), se agli inizi è più o meno facoltativo, dopo circa 5-10 anni di sviluppi maldestri diventa indispensabile, pena l’impoverimento lento ma inesorabile di tutto il complesso.
La stessa cosa accade su più piccola scala nell’orticello di casa con un terreno vergine da 20 anni: per i primi anni il raccolto sarà incredibile anche senza concimare, dopo però inizieranno i problemi; è questa una “disgrazia annunciata” (!), e pertanto durante l’iniziale tempo di matematica prosperità occorre allestire adeguate strategie di prevenzione e contenimento della futura altrettanto certissima “crisi”!
Un regime permacolturale corregge questo trend volto al decadimento naturale della produzione stanziale, con metodi assolutamente efficaci, naturali e “spontanei”, ma… non può eliminarlo mai del tutto! In linea di massima possiamo dire:
Quanto più la Connessione Funzionale tra animali e piante, piante e piante, sole e piante, uomo e ambiente, uomini ed altri uomini, si avvicina al 100%, tanto più la perdita di energia del microsistema agricolo sarà nulla o quasi nulla.
Un sistema-agricolo-in-permacultura, cioè una permacoltura (con la O), è tale perché è a conti fatti “innaturale” anche se sembra del tutto naturale e rispettoso di tutte le leggi di madre-natura.
La sua produzione straordinaria è innaturale!
Poste alcune condizioni standard di automantenimento – come ad esempio una ESTENSIONE SUFFICIENTE di terreno, la disponibilità di acqua, calore etc – laddove riuscissimo a convertire tutta ma proprio tutta l’energia locale in lavoro utile e quindi in moneta, non occorrerebbero integrazioni provenienti da terze parti. Ma normalmente questo è difficile, ed occorre sempre, ai fini dell’autosufficienza del nucleo residenziale, ricorrere a qualche risorsa esterna e molto esterna. E’ quindi importante per il pieno e felice mantenimento di un C.E.R.E.L e dei suoi abitanti:
- Una mobilitazione sapiente di tutte le risorse (in termini di biodiversità) sparse sul globo.
- Tecnologie appropriate di ricezione, conversione e risparmio dell’energia circolante in loco.
- Contributi minimi ma via via crescenti da parte di aree terze più ricche, laddove la progettazione non è ottimale e sono difettose le tecniche di reintegro delle risorse che vanno naturalmente disperdendosi2.
Tutto questo, in permacultura, va fatto utilizzando:
1. il minor sforzo possibile
2. La minore superficie possibile di terreno
Se si han bisogno di 10 ettari di terreno di alta qualità per sostenere 3 persone e di 10 ore di lavoro al giorno in mezzo ai campi per alimentare decentemente quelle 3 persone per tutto l’anno, non si fa “permacultura” ma incultura.
Al contrario dell’agricoltura occidentale industrializzata, la permacoltura è una pratica agricola NON ENERGIVORA, fondata non sull’ignoranza e l’isolamento ma su un alto e altissimo tasso di istruzione, collaborazione sociale e creatività.
N O T E
1 L’animale è utile ad una alimentazione umana onnivora, tuttavia esso, anche, completa in diversi modi un “progetto” insito nel ciclo naturale di una pianta.
2 L’impoverimento di un suolo coltivato per scopi antropici è inevitabile, ma quel che il terreno col tempo perde in termini di sostanze nutritive – per via del dilavamento naturale causato dalle piogge (processi di erosione/degrado del suolo) – finisce sempre in mare, prima o poi! Ne arguiamo che dal mare può potenzialmente tornare nel nostro ecosistema terrestre, quell’energia utile a ricostituirlo altero come lo fu alle origini.
Mare e Terra possono e devono collaborare per l’autosussistenza della specie umana!