Permacultura INTERIORE: sono al posto giusto nel giusto progetto di vita?

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Nel silenzio del lago, circondato da monti imponenti, affiora una tendenza ricorrente nelle acque della coscienza di colui che non si trova al posto giusto, nella giusta vita o nel giusto progetto di vita:

Anche quando tutto è facile, ormai previsto e prevedibile, costui non ha più voglia di insistere.

Tale tendenza è segreta e profonda, e suona sommariamente così:

Tutto questo non mi piace

Di solito una vita o un progetto di vita diventa facile e “sciolto” dopo un adeguato numero di anni in cui il soggetto è uscito pazzo per ottenere la quadratura del cerchio. E alla fine… l’ha ottenuta! È divenuto saggio e sente di padroneggiare alcuni aspetti della sua esistenza ormai con solida maestria. Eppure non gli piace. Non ne trae il conforto che immaginava, quindi comincia a lasciar perdere… dapprima soltanto un primo, innocente impegno. Infine tutto.

Ma da qui al “tutto” c’è un tempo di transizione i cui sintomi, se riconosciuti con prontezza e chiarezza, senza troppo affanno conducono ad un NUOVO PORTO.

Il sintomo di cui sopra è il principale e voglio parlarne approfonditamente.

L’uomo non è pigro; la sua mancata voglia di insistere su progetti ed azioni così importanti per lui prima che cominciassero a schiudersi i suoi nuovi occhi, non è determinata neppure da una mancanza di forza.

E come se ormai guardasse il mondo, la vita degli uomini e la sua propria in mezzo ad essi, da un monte altissimo, eppure si trova contemporaneamente al fondo della valle!

La sua coscienza si è dunque come sdoppiata, ed è questa sua seconda esistenza a ricordargli ad ogni passo l’invalidità della prima.

Il malcapitato non è divenuto senziente di un secondo flusso di pensieri e ragioni – di una seconda testa. Il cervello solo uno è ed è rimasto quello di prima! Ma percepisce una piccola vita essere germogliata alla sua ombra, e sa che quel fiore ha il potenziale per divenire eterno, l’albero-ponte tra la terra e il cielo.

Alla luce di tutto ciò, egli trema al pensiero di calpestarlo. Vorrebbe stare attento e irrigarlo e farlo crescere, ma il progetto di vita precedente, quello per il quale ha così tanto lottato, assorbe pericolosamente gran parte delle energie della sua mente e del suo cuore. Ciò non è più tollerabile. Ogni volta che dà acqua alle vecchie liane in casa, sa che la toglie a quel fiorellino laggiù, così gravido di promesse. E ciò lo turba profondamente.

Poi viene il fantastico giorno in cui piove e l’acqua la offre il cielo abbondamente sia alla foresta di liane che al sacro seme in vaso. Dovrebbe allora essere felice, perché Dio stesso ha pensato a lui. Ma non lo è poi così tanto: sa che con ogni innaffiata si avvicina il giorno in cui la pianta divina dovrà essere travasata in piena terra affinché cresca al più presto e del tutto liberamente.

Ma dov’è la terra promessa?

Non si vede fino all’orizzonte. Così tanti anni di fatica per costruire una vita che ora va smontata per essere ricostruita altrove, può avvolgere nel senso di fallimento chiunque. I giorni di trasloco sono poi i giorni più sterili in assoluto, in quanto non puoi affatto lavorare come prima. Non puoi fare il lavoro di prima, ma neppure il lavoro che verrà (perché non è ancora venuto). Da qui quel laconico…

Non insisto più

In un periodo di transizione si è confusi e senza forma, non si è nè l’una cosa nè l’altra. Ma questo è normale ed è normale in questo periodo scovare i più irragionevoli e anche ridicoli motivi per non proseguire le attività che prima apparivano talmente giuste e utili (e che lo potrebbero essere ancora!). Ma è l’intero progetto di vita che ora è divenuto sbagliato, come è il luogo proprio di un progetto di vita che non senti più tuo, a scoraggiare le attività che riprenderai bellamente non appena il padrone finirà di cambiare l’acqua dell’acquario.

Pubblicato da

Alshain

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